Amelia Forte
Quando si parla di Materialismo Storico ci si riferisce al rapporto che Marx ha con la filosofia, e bisogna cercare di rispondere alla domanda su cosa Marx veramente aggiunge nella storia della filosofia. È solo qui dentro che nasce il problema del lessico economico che Marx utilizza per costruire la sua filosofia; senza il materialismo storico anche la stesura del Capitale diventa incomprensibile. Marx incontra il discorso filosofico e diventa filosofo nel 1836, quando Marx arriva a Berlino, e nell’estate del 1837 (dopo aver iniziato i suoi studi a Berlino) legge tutte le opere disponibili di Hegel e diventa hegeliano. Questo è il punto di partenza della filosofia di Marx. Hegel era morto nel 1831, per cui Marx non poté incontrarlo, ed essere hegeliani nel 1837 era diverso rispetto ad esserlo nel ’29 o nel ’30: significò per Marx far parte di un circolo di giovani hegeliani. Erano sì seguaci di Hegel, ma già erano critici degli aspetti fondamentali del pensiero di Hegel. Marx continua i suoi studi filosofici quando si trasferisce a Parigi dal ’43 al ’45 e scopre Ludwig Feuerbach, che fornisce alla sinistra hegeliana gli strumenti teorici fondamentali per una prima critica alla filosofia hegeliana; qui compare una parola fondamentale che segna tutta la filosofia post-hegeliana, ossia il rovesciamento. Rovesciare la filosofia di Hegel, nel lessico di questi autori, significa che secondo la lettura data allora di Hegel, nell’Idealismo il soggetto, cioè l’elemento attivo e produttivo della realtà, è l’idea, l’infinito o l’essenza, che produce il finito.
Per Feuerbach non è più Dio che crea l’uomo, ma è l’uomo che crea Dio; per il Marx della Kritik non è lo Stato che genera la società civile, ma è la società civile (Bürgerlichen Gesellschaft). Il tema del rovesciamento è fondamentale per tutta la filosofia post-hegeliana fino alle correnti filosofiche del ‘900, dove il soggetto diventa l’elemento attivo del discorso filosofico.
In questo contesto nascono gli scritti filosofici del Giovane Marx: la Kritik, la Questione Ebraica, i Manoscritti e la Sacra Famiglia (primo testo scritto con Engels). All’arrivo a Bruxelles accade qualcosa di importante, poiché ora Marx non si limita più a criticare Hegel e l’Idealismo sul fondamento delle categorie fornitegli da Feuerbach, ma comincia a criticare anche Feuerbach e il Materialismo.
La critica di Marx si rivolge ora in due direzioni, e queste due direzioni sono le due grandi linee di tutta la metafisica e la filosofia europea; Marx critica entrambe queste posizioni, ed oltre l’Idealismo ed il Materialismo cerca una nuova filosofia, mai sperimentata nella storia del pensiero, quella definibile una filosofia della praxis (Gramsci).
Molti anni dopo la morte di Marx vengono pubblicati due testi, scritti tra il ’45 e il ’46, che sono l’inizio di quella filosofia che sta anche alla radice del Capitale: le tesi su Feuerbach e l’Ideologia Tedesca. La Miseria della Filosofia del ’47 aggiungerà altri elementi sul piano filosofico, ma è in questi due testi che nasce la nuova filosofia di Marx, il Materialismo Storico.
Nelle Tesi è già presente il nucleo generativo del Materialismo Storico, e sono un appunto che Marx scrive su un foglio appena arriva a Bruxelles:
- Nella 1° tesi Marx inizia con una critica perentoria del materialismo, tutto il materialismo precedente incluso quello di Feuerbach (mentre nella Sacra Famiglia scrisse che il comunismo si fondava sul Materialismo); il materialismo ora non è più l’orizzonte filosofico del comunismo, perciò Feuerbach è incluso nella critica al materialismo europeo.
Il torto del Materialismo è quello di aver concepito l’oggettività, la realtà e la sensibilità solo sotto la forma dell’oggetto o dell’intuizione: il Materialismo concepisce l’oggetto come trascendente rispetto al soggetto e come presupposto rispetto al soggetto, e non invece come posto e prodotto dal soggetto stesso. Per il Materialismo ci sono solo res, oggetti che si danno già a prescindere dall’attività formatrice, la praxis dell’uomo: per il materialismo il presupposto è la differenza, all’origine della filosofia vi è la differenza tra l’intellectus e la res che gli sta di fronte, ed il problema della filosofia è di apprendere la res che gli si pone di fronte, mentre non è l’attività dell’uomo che forma la res.
Marx parla anche della forma dell’intuizione per dire che nel Materialismo è assente la mediazione, ma all’origine c’è l’immediatezza dell’oggetto, che si dà in quanto tale; il Materialismo per Marx non arriva a concepire soggettivamente l’oggetto, cioè non arriva a concepirlo nell’atto di produzione della soggettività, nella mediazione. La soggettività che sta all’origine della stessa produzione dell’oggetto è specificata da Marx con due parole fondamentali, ossia l’attività sensibile umana e la praxis: il materialismo non concepisce la soggettività come praxis, come azione.
Nella prima tesi arriva quindi l’elogio dell’Idealismo, che ha il merito di concepire l’oggetto soggettivamente, capendo che la materia è mediazione, è prodotto dell’uomo, ma compie un errore nel concepire questa mediazione astrattamente, ossia l’Idealismo non arriva a concepire la mediazione come attività sensibile umana, ma come attività propria dell’Idea e dell’Infinito verso il Finito.
La conclusione è quindi il superamento delle due grandi correnti della metafisica europea, quella del Materialismo che presuppone la differenza e considera l’oggetto come rappresentazione, come ciò che sta di fronte al soggetto, e l’Idealismo che non coglie la radice della mediazione nell’attività sensibile del soggetto ma la colloca nel processo di movimento dell’Idea.
- Marx nella 2° tesi ci dice cosa è la verità, che per lui è una questione pratica, ossia risiede nell’attività formatrice e sensibile dell’oggetto, è in essa che l’uomo prova e costruisce la verità. Nell’Ideologia Tedesca Marx scrive che la verità cammina con le gambe sulla potenza della classe dominante, per cui ogni verità è prodotto e costruzione dell’azione rivoluzionaria dell’uomo; l’uomo prova la verità nell’immanenza del suo pensiero: la mondanità del suo pensiero si esprime nella realtà e nella potenza .
- Nell’ultima tesi su Feuerbach, Marx non compie solo un invito a fare le rivoluzioni, ma scrive che si comprende il mondo nella prassi e nell’azione: questa è la grande critica che Marx compie alla definizione della filosofia di Hegel (nottola di Minerva), per Marx la filosofia deve ormai essere dentro la storia dell’uomo, e non arrivare dopo ad interpretarla.
In Marx la filosofia acquista diversi significati, e nel suo pensiero la filosofia, intesa in termini tradizionali, è finita, e Marx ne dichiara la morte pronunciandone l’elogio funebre; ma il compito della filosofia ed il suo senso persiste in almeno tre sensi fondamentali:
- Da un lato la filosofia diventa più precisamente teoria e scienza, che in questo caso significa consapevolezza piena del percorso che l’umanità ha fatto lungo il suo cammino: grazie alla filosofia il proletariato acquisisce consapevolezza della sua posizione nella storia umana e diventa consapevole dello
Labriola nell’opera “In memoria del Manifesto dei Comunisti” espresse perfettamente questo senso della filosofia come teoria e come scienza, scrivendo che il compito del Marxismo e del Materialismo Storico non è quello di preparare i leader e progettare la rivoluzione, ma illuminare la posizione che la classe del proletariato ha nella storia. La teoria è quindi in primo luogo coscienza e si distingue dall’azione, spiegandone però la necessità.
- Ma per Marx la filosofia non è solo teoria o scienza, ma c’è anche una 2° visione della filosofia, che si rivela anche nella 2° tesi su Feuerbach, per cui la filosofia è anche produzione della verità e non solo coscienza della necessità della storia; la filosofia è anche produzione della visione del mondo della classe che si afferma nella storia con il suo dominio.
Quando la borghesia compie la sua rivoluzione essa afferma il suo sistema di valori come un sistema universale, ed in maniera simile il proletariato quando fa la sua rivoluzione afferma i suoi valori e realizza la propria visione su tutta l’umanità. La filosofia non si limita a comprendere la necessità storica, ma è anche costruttrice di una visione del mondo che si fa verità universale.
Si pensi al caso del signore antico, che inaugura il fatto dello sfruttamento e inaugura la storia come storia di oppressione, emergendo dalla comunità degli uomini uguali come puro consumatore; ma non è solo uno sfruttatore il signore antico, ma è anche colui che attraverso lo sfruttamento genera un intero sistema, cioè afferma la sua filosofia come la filosofia di un mondo. C’è sempre un nesso tra sfruttamento e civiltà, lo sfruttamento è una negazione che produce e genera civiltà.
La filosofia è perciò teoria e scienza, che illumina la necessità della storia, ma è anche visione del mondo, per cui chi fa la rivoluzione costruisce la propria visione del mondo e la afferma con la potenza della propria azione.
- Marx poi definisce la filosofia anche come il sapere reale, cioè la conoscenza della filosofia nella sua genesi dalla non-filosofia: in questo modo la filosofia diventa decostruzione delle stesse idee filosofiche dell’uomo e rivelazione della loro origine, ricostruzione del rapporto tra filosofia e non-filosofia come suo terreno di nascita. Qui si consuma la sua critica alle Ideologie: l’Ideologia è quella forma di pensiero che prende un prodotto storico e lo indica come fatto di natura, ed il compito della filosofia è quello di svelare l’inganno.
Il 1° capitolo dell’Ideologia Tedesca è un poderoso sviluppo delle Tesi su Feuerbach, ed è in essa contenuta l’enunciazione più compiuta del Materialismo Storico:
- Marx assegna grande importanza al sapere reale, in opposizione a tutta la tradizione filosofica, dicendo che la colpa della filosofia tedesca è quello di non aver abbandonato il terreno della filosofia: questo non significa negare la filosofia come sapere, ma significa che per fare filosofia bisogna saper uscire dal suo terreno, saper ricostruire la relazione tra la filosofia e la sua genesi non-filosofica, illuminando la filosofia mettendola in relazione con la sua genesi.
Marx scrive con una celebre metafora che i filosofi sono finora scesi dal cielo alla terra, mentre ora bisogna invertire questo rapporto: ora si tratta di salire dalla terra al cielo, ed è la terra che produce il cielo, ossia il terreno materiale di produzione della vita che produce le idee della filosofia.
Marx col termine sublimazione si riferisce al termine della chimica del suo tempo, ossia il passaggio dallo stato solido a quello aeriforme senza passare da quello liquido. Sublimazione significa che la non-filosofia passa nella filosofia senza nessuna mediazione possibile, e riflette la sua immagine nell’Idea; bisogna perciò entrare nella dimensione del sapere reale, che non è chiuso nel terreno della filosofia, ed il compito della filosofia riguarda il mostrare la genesi dell’Idea e il suo processo verticale di formazione, per cui è l’uomo che nella sua vita materiale produce le sue idee e i suoi valori.
Marx poi nell’Ideologia Tedesca introduce un’altra nozione fondamentale, parlando di classe dominante, e affermando che la classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone in pari tempo dei mezzi della produzione intellettuale. Non è solo sfruttamento quello posto dalla borghesia nei confronti del proletariato, ma è dominio: per compiere lo sfruttamento non basta la forza e ridurre lo schiavo alla schiavitù, ma occorre che la classe dominante ottenga il consenso dell’oppresso e che le sue idee diventino la cultura dello schiavo, affinché egli riconosca le idee della classe dominante come valori universali e razionali.
Qual è il rapporto tra Marx e la filosofia? Marx ha aggiunto qualcosa alla storia della filosofia e le ha dato un contributo? La risposta che abbiamo dato è affermativa: Marx è un filosofo ed aggiunge qualcosa di fondamentale al nostro modo di praticare la filosofia; questo tema filosofico lo abbiamo definito filosofia della praxis (espressione che compare con Labriola e con cui Gramsci sostituisce nei suoi quaderni quella di Materialismo Storico).
Nelle Tesi su Feuerbach, che Marx scrive a Bruxelles nella primavera del ’45, si scopre che Marx non considera più il Materialismo come la base filosofica per la teoria del comunismo (1° tesi), e svolge una critica di tutte le correnti fondamentali della filosofia e metafisica europea, cioè dell’Idealismo e del Materialismo: nessuna di queste due filosofie può essere utile come base per la teoria del Comunismo.
Il torto del Materialismo, compreso Feuerbach, per Marx è preciso: il suo torto è quello di presupporre l’oggetto, la res, come trascendente rispetto al soggetto, come presupposto e come qualcosa che non è il risultato di una praxis umana e della storia umana. L’Idealismo invece sa cogliere la mediazione originaria tra soggetto ed oggetto, questo è il suo merito, ma esso coglie la mediazione solo in forma astratta, ossia come mediazione delle idee.
Marx nella 1° tesi scrive invece che la realtà è attività umana, qualcosa che pertiene specificamente al genere umano, ossia a quell’animale che costruisce una storia, ed essa è sensibile, per cui la mediazione non è astratta nelle idee ma è qualcosa di sensibile, riguarda la praxis effettiva dell’uomo.
Nella 2° Tesi, Marx chiarisce che la verità non è una questione teorica, ma è una questione pratica, e dev’essere provata non nel puro pensiero (sillogismi, forme logiche ecc…) ma essa dev’essere provata nella realtà, e cammina sulle gambe della potenza. Nella 1° Tesi si parlava di oggetto e di realtà in senso materiale, mentre qui si parla della verità (ossia del grande problema che la filosofia si trova di fronte sin dal pensiero antico, quid est veritas?): la verità è il valore che conferisce valore ad ogni valore, per cui ogni valore di una civiltà è valido perché sono validi valori come l’uguaglianza, il bene, il bello etc., a cui si attribuisce verità.
La verità è per Marx non qualcosa di innato e di inscritto nel cuore dell’uomo, non sta nel grande libro nella natura ed essa viene poi letta (come affermava invece Galileo, ad esempio), ma ogni verità (anche quella di un sillogismo) è prodotta dall’uomo e riguarda la prassi, non si prova sul terreno della teoria.
Nell’11° Tesi si trova una delle formule più celebri di Marx: questa Tesi non dev’essere letta come se Marx facesse l’invito a prendere le armi e fare la rivoluzione, ma ha una grande profondità e segna una trasformazione nel discorso filosofico.
Nella prefazione ai Lineamenti della filosofia del diritto, Hegel dice tre cose fondamentali:
- “La filosofia è il proprio tempo appreso e compreso nella forma del pensiero”: Il dialogo del pensiero non è con sé stesso, ma esso presuppone che ci sia un mondo ed un tempo, e che il filosofo trovi il contenuto del proprio pensiero nel mondo e nel tempo e sappia metterlo nelle forme proprie della comprensione logica.
- “Il reale è razionale, ed il razionale è reale”: La realtà non è caos come appare e come sembra, ma al fondo di essa c’è una ragione ed una razionalità che viene letta e scoperta dal filosofo.
- “La filosofia è la nottola di Minerva che si leva in volo sul calare della sera”: Hegel ha in mente che la storia cammina sulle gambe delle passioni e degli interessi degli uomini, passioni prive di ragione, mentre la filosofia viene dopo a scoprirne il senso e la razionalità.
Marx però è dell’idea che la filosofia si occupi sì del proprio tempo e del mondo, ma la nuova filosofia (la filosofia della praxis) non arriva dopo che la storia si è svolta con le sue regole, ma è dentro la storia, essa è la prassi stessa: nella visione Hegeliana della filosofia si dividono la teoria e la prassi, mentre nel pensiero di Marx questi due momenti si riunificano, con la teoria che nasce dentro la prassi.
Marx mette fine a tutto un modo di concepire la filosofia e ne trasforma il significato, e nell’Ideologia Tedesca si trovano tre diversi significati che la parola filosofia acquista nel pensiero di Marx:
- La filosofia è teoria, e quindi anche scienza, e così restituisce all’uomo (e in particolare al proletariato) la coscienza e la consapevolezza: all’uomo restituisce la consapevolezza del processo che l’umanità ha percorso nel suo cammino e la coscienza della posizione che il proletariato come classe occupa come classe. È grazie alla filosofia così concepita che l’uomo acquista coscienza che la storia è governata dalla regola dell’oppressione, e così il proletario diventa consapevole del fatto dello sfruttamento (e perciò di essere sfruttato).
Labriola, ne “In memoria del Manifesto dei Comunisti”, dà una definizione molto nitida della filosofia in Marx intesa in questo 1° senso: la filosofia in 1° luogo non è formazione di classi dirigenti o preparazione della rivoluzione, ma essa dà alla teoria la forma del processo, essendo coscienza della storia e non essendo invece un contenuto specifico.
Ne “La miseria della filosofia” si comprende cosa significhi davvero per Marx fare filosofia: come l’Economia politica classica è l’ideologia della classe borghese, così il Materialismo Storico è l’ideologia del proletariato. La filosofia è utopia, sistema e semplice scienza (e non invece coscienza) quando il proletariato non arriva a costituirsi come classe; la teoria per Marx si ha invece quando la filosofia non costruisce un sistema di uguaglianza e di giustizia, ma quando essa illumina il movimento oggettivo della storia, mostrando cosa sono le classi e qual è la loro posizione nella storia.
La teoria è dialettica, e cioè coglie la negazione comprendendo la negatività del sistema, e perciò comprendendo il germe rivoluzionario del sistema sociale: solo così il proletariato si fa classe e diventa perciò consapevole della sua posizione e delle sue potenzialità all’interno della società borghese.
- Ma la filosofia per Marx non è solo teoria, essa fa anche dischiudere una visione del mondo di una classe rivoluzionaria; così non c’è più solo sfruttamento e oppressione in senso materiale, ma c’è anche dominio (un dominio anche spirituale): c’è una classe dominante e ci sono classi subalterne, ed il dominio è la capacità di una classe di non poter esercitare solo la sua potenza materiale senza una potenza spirituale, essa ha bisogno di un livello di consenso dell’oppresso.
Ogni classe dominante costruisce un sistema di valori, ed i valori della classe dominante diventano anche i valori dei dominati: anche il subalterno riconosce valore alla verità affermata dalla classe al potere. “Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti”: il subalterno è assoggettato e cioè pensa con gli stessi valori affermati dalla classe dominante, un’intera civiltà è costituita dalle idee della classe dominante, altrimenti il potere e l’oppressione non si potrebbero costituire.
Il dominio è perciò civiltà, visione del mondo ed è il senso della rivoluzione borghese; ma anche il proletariato è portatore di una propria visione del mondo e di una filosofia che si rende universale con il proprio sistema di valori e con la sua civiltà.
- La filosofia è poi definita da Marx come il sapere reale: in tutta la storia della filosofia per Marx si discende dal cielo alla terra, mentre nel sapere reale si sale dalla terra al cielo; questo significa che le idee filosofiche non nascono in sé stesse e che non si è mai filosofi se si resta solo nel terreno della filosofia, ma per comprendere la filosofia bisogna entrare nella non-filosofia, la “terra”. È necessario ricostruire il nesso tra la filosofia e la non-filosofia, e perciò avere un modello genetico di comprensione delle idee: la filosofia della praxis è un metodo genetico, nel senso che spiega le idee a partire dalla vita materiale degli uomini come un prodotto storico della vita degli uomini.
Le idee nella visione di Marx non sono mai trascendentali, ossia delle forme che costituiscono la realtà (come le intuizioni kantiane, che costituiscono i fenomeni), ma esse sono sempre figlie e costituite dalla realtà. Questo è il significato più profondo e radicale della formula “dalla terra al cielo”, e segna un 3° significato della filosofia della praxis, che nella storia del Marxismo si chiama critica delle ideologie, ossia lo smascheramento del loro trucco: nella visione di Marx le Ideologie scambiano la storia con la natura e rendono natura ciò che è storia, rendendo un prodotto storico come qualcosa di scritto nel grande libro della natura e non vedendo come siano invece prodotto della storia umana.
Nell’Ideologia Tedesca, Marx ed Engels svolgono una vera e propria antropologia fondamentale, e distinguono cinque aspetti dell’esistenza fondamentale dell’uomo il cui risultato è proprio la produzione delle idee, l’ideologia:
- Marx ci dà una visione basilare ed elementare della vita umana: nel suo punto 0, la vita umana è produzione dell’esistenza, produzione che soddisfa alcuni bisogni elementari o animali. In base a questa considerazione di Marx, la vita umana comincia con la conservazione della vita, che coincide con la produzione della vita: la vita è un bene che dev’essere prodotto.
Qui entrano in gioco tutte le categorie costitutive del pensiero di Marx, e all’origine del discorso di Marx vi è il fatto che lui gioca su due termini, da un lato il bisogno, qui considerato come negatività e cioè come un bisogno dettato dalla natura, senza la cui soddisfazione l’uomo muore; dall’altro lato vi è ciò che Marx chiama la creazione dei mezzi (che nel Capitale chiamerà valori d’uso), cioè quei beni utili che permettono all’uomo di rispondere al bisogno e di sviluppare la sua vita.
Il bisogno e la creazione dei mezzi sono due termini fondamentali nel pensiero di Marx, soprattutto per il fatto che essi si trovano in un nesso inestricabile, per cui nessuno di questi due termini si potrebbe mai considerare da solo: quello che sta all’inizio della vita umana è questa mediazione fra bisogno e creazione dei mezzi per rispondere al bisogno.
Qui Marx però dice due cose che non stanno insieme:
- Da un lato dice che questa è un’azione storica, e dall’altro lato dice che essa è la condizione fondamentale di qualsiasi storia, per cui non si capisce se si è già all’interno della storia o se ne è al di fuori.
- Marx poi scrive che la soddisfazione del bisogno implica immediatamente la creazione di nuovi bisogni e la moltiplicazione dei bisogni, che è indotta dalla produzione stessa: questa è la prima azione storica, si esce dal terreno della conservazione e si entra in quello dell’artificio. Qui non si ha più di fronte un bisogno come negatività, cioè dettato dalla natura, ma un bisogno creato e prodotto dall’uomo e dalla sua formazione sociale.
Cambia la natura del bisogno, ma il passaggio è immediato: la creazione dei mezzi per la soddisfazione del primo bisogno è già produzione di civiltà, storia e artificio. Si scioglie il dubbio tra storia e condizione della storia, poiché si entra nella storia quando il bisogno è il fine, esso è fissato e prodotto dall’uomo stesso nella sua attività produttiva.
- L’uomo poi riproduce sé stesso: il rapporto tra uomo e donna, la generazione dei figli e ciò che Marx chiama la “famiglia” (gli uomini cominciano a fare altri uomini e a riprodursi).
Questi tre elementi non vanno concepiti in successione, ma vanno concepiti in modo organico come tre aspetti e momenti di un processo che avviene tutto insieme: alla base della vita sociale c’è l’insieme simultaneo e immediato di questi tre momenti fondamentali.
- Il quarto aspetto è quello decisivo: tutto questo processo che si svolge è sempre, e senza possibilità di eccezione, un rapporto sociale. Fin dall’inizio, se vuole vivere e produrre la sua vita, l’uomo costruisce una forma sociale determinata: al principio non c’è mai l’individuo, il lavoro o l’Uomo, ma c’è la forma sociale e cioè l’uomo e il lavoro come socialmente determinati.
L’uomo può conservare sé stesso solo in una forma sociale: tra riproduzione della vita e socialità non c’è differenza, e perciò l’uomo è da sempre un animale sociale che non si presenta mai nella forma dell’Individuo. Marx scrive che la cooperazione è essa stessa una forza produttiva, e che forse è la più importante delle forze produttive.
- Se i primi quattro momenti non vanno letti come facenti parte di una successione cronologica, il 5° viene dopo e va letto secondo la categoria della successione, poiché esso essendo la coscienza presuppone tutti gli altri gradi e viene dopo e appare anzitutto, nella lettura di Marx, come linguaggio: nella filosofia di Marx il linguaggio è la metafora iniziale di tutta la sfera ideologia, la superstruttura elementare che ha il carattere di tutte le superstrutture.
La coscienza è perciò successiva ed è conforme alla produzione e alla riproduzione della vita; per produrre e riprodurre sé stessa, l’umanità ha bisogno del linguaggio solo tecnicamente, in quanto forma della comunicazione, ed è solo nell’Ideologia che esso perde la coscienza della sua genesi dalla vita reale: il linguaggio, come la coscienza, sorge soltanto dal bisogno e dalla necessità di rapporti con altri uomini.
Marx così pone il problema del fatto che il sistema sociale si costituisce a prescindere dall’apparato ideologico che lo attraversa, e proietta i suoi rapporti di forza nella sfera ideologica: l’Ideologia non è costitutiva del sistema sociale e non determina la riproduzione del sistema ma è il riflesso delle condizioni e dei rapporti sociali (tesi che sarà sostenuta soprattutto nel Marxismo sovietico, da Lenin a Stalin).
Ma così nasce il problema di come la sfera ideologica possa essere così concepita nella contemporaneità; bisogna precisare che Marx è spinto da un’esigenza polemica e di radicalizzazione, affermando il principio che le idee non costituiscono né la realtà e né l’oggettività, ma ne sono costituite.