La categoria del “qualcosa” in Hegel

Pasquale Amato

Hegel fa intervenire la Categoria del Qualcosa prima che questa stessa sia sorta. Se si pensa alla prefazione della prima edizione della Logica dell’Essere (1812), Hegel è cosciente che all’inizio dell’alba del pensare (che egli stesso riferisce al Cominciamento della Scienza), si è impossibilitati di poter concepire un cominciamento assolutamente puro, e che quindi si debba ricorrere ad una sorta di “sistematico errore iniziale”; ma non nella giustificazione che poi il Sistema possa adempiere alle esigenze personali volute dallo stesso Hegel arbitrariamente, ma l’Errore in quanto condizione mediante e presso il quale lo Spirito addiviene (si ricordi la polemica sul piano storicistico a chi riferiva un esito finale sempre lieto e panlogistico da “fine della storia”, Hegel rispondeva che la Storia è come il banco di un macellaio, in tal senso intendeva affermare che anche nella storia dello Spirito l’Errore, il Travaglio, l’Orrore, è sistematico all’Assoluto). L’Assoluto come Scienza, per essere veramente tale, deve includere anche il non, il peccato, il male etc. Senza l’Errore (inteso come mancanza, male, travaglio e dubbio) l’Assoluto da Universale sarebbe Parziale. La Totalità che esprime all’inizio del cominciamento la categoria del Nulla, è una Totalità pura ed astratta, che include per una sorta di negazione interna alla negazione assoluta stessa, ossia “mediazione” (come l’essere puro per sé è sapere assoluto indistinto, ma mediato in sé dopo il cammino fenomenologico), la possibilità che quella nullità annulli se stessa (come immediata/mediata assoluta) e diventi Essere. Il nulla ha dentro di sé la potenza ad essere desein o etwas, poiché è assoluta immediatezza nella sua indeterminatezza piena e che qui consiste l’assoluto immediato, che non è più tale, poiché tutto uno col sapere assoluto del risultato della Fenomenologia. D’altronde la nullità non è il puro nulla, ma è già nullità, cioè nullità di qualcosa che esso già è per sé. La sostanza della negazione è la negazione stessa, ma essa in quanto negazione assoluta, non può non anche far tracimare dentro se stessa anche se medesima e quindi togliersi come Nulla. E se il Nulla è la stessa sostanza dell’essere, è chiaro che emerge dal nulla l’essere, poiché rivestito della fisicità dell’Essere. Questa è la stessa Sostanza del Nulla. Ma perché il Nulla non è rimasto Nulla? Se esso fosse rimasto Nulla non sarebbe negazione assoluta. Ossia il Nulla, per essere negazione assoluta, universale ed incondizionata deve includere anche il Determinato. Altrimenti è una pura Negazione, ma senza espansione o estensione universalizzante, mediante l’Essere o anche il Particolare. Il Nulla per riguardo come Nulla Assoluto, non è un Nulla solo Logico-predicativo, ma è un Nulla che rimane anche in una sorta di piano psico-dinamico e pratico-fenomenologico. Poiché il Nulla metafisico-astratto è il Nulla dell’ontico. È il Nulla della naturalità. Si è visto nell’esempio della Coscienza naturale. Il Nulla predicativo è un Nulla Assoluto, poiché nella pur singola e determinata negazione – es. “la rosa non è rossa” – è chiaro che si va a negare il predicato di un soggetto, ma ciò non implica solo la negazione determinata del colore in riferimento al soggetto (negazione determinata), ma è una negazione a sua volta assoluta poiché l’esclusione del rosso della rosa è un’esclusione sine die, incondizionata, infinita. Con ciò la negazione nella sua attività negante, include la stessa attività perenne della Negazione. Ma se l’attività della Negazione è perenne, e quindi in seno ad un principio logico (e non alogico, aporetico), significa che quella negazione perenne, come in una sorta di punto temporale-spaziale e logico di quella negazione, ebbene vale metaforicamente, ma universalmente come grado infinito del negare. E se guardiamo al concetto di grado o misura della gradualità di un colore, di una forza, o di un grado degli angoli in geometria, ebbene esso è per Hegel un punto arbitrario che l’intelletto si dà per meglio orientarsi nella natura, fissando delle gradazioni. Ma questa unità di misura è fallace, dal momento che la gradazione non misura la reale divisione di momenti in gradi poiché il processo graduale, di una forza o di un angolo, è sostanzialmente incalcolabile, poiché è infinito. Così come per la numerazione dei numeri all’infinito. Ad esempio il 2 non esclude il 3, ma esclude anche una serie infinita di numeri che vengono dopo di esso. Allo stesso tempo la negazione, anche se esplicitata in una formula determinata e particolare –la rosa non è rossa– esprime le infinite potenze della negazione per tutte le infinite posizioni attive nel negare. Nel predicato reso negativo –non-rosso-, si hanno le infinite potenze formali e contenutistiche della negazione. Infatti la negazione rimanda alla sua stessa infinita attività negante, quindi richiama il Nulla come infinito in sé, ma anche la possibilità che in questo negare infinito o negazione in quanto Nulla, vi è anche la possibilità che quel Nulla, in quanto attività propria nella negazione assoluta compia una sorta di auto-toglimento logico e si determini come negazione determinata; fuori dal tempo e dallo spazio e fuori dallo stesso pensiero logico-predicativo: quindi è dal determinato che si può giungere al nulla assoluto. Esso è l’eponimo del Reale, come si è visto negli esempi del numero “2” e della “mela”. Nel primo si è su di un piano analitico, anche se Hegel non crede che il numero sia analitico, poiché entificato dall’analiticità dell’intelletto stesso, e quindi nella conseguente riflessione che il nulla -fuori dal tempo e dal pensiero- possa riferirsi ad un infinito nulla: cosicché esso non può non includere la sua stessa autonegazione oltre alle infinite negazioni determinate ed astratte. Dal momento che la natura del nulla è quella di non avere natura, poiché la sua natura è quella di negarsi e negare il Nulla significa Divenire qualcosa. Quindi mentre nella Fenomenologia dello Spirito si ha una processualità a valenza dissolutivo-sistematica della negazione come scissione-opposizione-contraddizione sul piano psico-pratico-dinamico dapprima individuale e in seguito storico-inter-individuale, nella Scienza della Logica si ha un piano trasformativo, ma non più sul terreno esperienziale (antropologico), ma su di un livello “essenziale”. Ossia la valenza dissolutivo-sistematica della Negazione agisce per intensità e per estensione su di un piano logico-apofantico-predicativa, ossia astratta e teoretico-speculativa. Questo dà il senso di una negazione assoluta, che astrae da tutto ciò che di fenomenologico o pratico-antropologico (o individuale-storico-politico) aveva attuato, sempre a valenza sistematico-dissolutiva della negazione, nell’esperienza della vita. E quindi a contatto con problematiche ed esperienze fattuali. Ad esempio, nella Ragione Osservativa della Fenomenologia dello Spirito (che prevedeva la dimensione dell’esperienza dello Stoicismo e dello Scetticismo e della Coscienza Infelice), si avranno come primo momento l’osservazione della natura e come secondo momento l’osservazione dell’Autocoscienza nella sua purezza, ma in quanto rapportata alla effettualità esterna e da qui Hegel discernerà le Leggi logiche e Psicologiche, da quelle del terzo momento ossia Fisognomiche e Frenologiche. Ossia è presente in queste parti la “logicità” ovvero la dimensione astraente, ma questa Logica, nella Fenomenologia dello Spirito e nell’Autocoscienza a livello intra-individuale (piano della Ragione), è sempre correlata alla effettualità e al dato fenomenico del mondo esterno-naturale o storico-sociale. Nella dimensione speculativa della Scienza della Logica, mancherebbe il lato pratico-fenomenico. Ora aldilà della problematica inerente alla collocazione della Fenomenologia dello Spirito all’interno del Sistema della Scienza in Hegel, interessa qui sottolineare che da quel momento (cioè da dopo la Fenomenologia dello Spirito) in poi l’attuazione e la trasformazione della Negazione-Opposizione-Contraddizione non nasce più da un terreno pratico-filosofico, ma solo da un territorio esclusivamente speculativo-teoretico. L’Io, che pensando se stesso pensa l’Universale in quanto unità di soggetto ed oggetto. Ma quest’unità di soggetto ed oggetto non è più attuativa di uno scambio relazionale e trasformativo con la mediazione in atto, ossia intesa come valenza dissolutivo sistematica della negazione, seppure sul piano della vita fenomenologica. Invece questa valenza dissolutiva sistematica, cioè arrivati alla Scienza del Sistema-Logica, diventa il centro d’attuazione della Negazione che non poteva non partire anche in tal guisa nelle Coscienze Individuali e Naturali dell’Inizio della Fenomenologia dello Spirito, sul fatto che essa non avrà più figure e forme fenomenologico-individuali e intraindividuali, fino al piano storico-politico-sociale, ma esporrà pensieri che si presenteranno come struttura immediata del Pensiero (Logico-oggettivo) della Negazione stessa. Ecco perché è Negazione Assoluta: poiché ad attivare la Negazione è la stessa Negazione, senza più un processo che la invita ad attivarsi, come si è visto nella Coscienza Naturale. Mentre per psico-drammi Naturali, la Coscienza attiva la funzione della Negazione-Opposizione nei confronti dell’altro, attraverso un campo di forze e di affetti volontari o involontari, la genesi della Negazione lascerà il campo “pratico” in una sorta di fuoriuscita da una condizione elementare della coscienza entrando in una condizione spirituale, lasciando il campo del combattimento e di forze tensionali, consce o incosce. Nella Scienza della Logica la negazione è in qualche modo appesa a se stessa e sta al centro di un Pensiero che non cannoneggia più sul mondo, ma nell’astratto[1].

Ma Il Pensiero come Altro ed estrinseco al Pensiero o al Sapere Assoluto, dove si collocherebbe nella Logica? Il Pensiero oggettivato, che per una sorta di metonimia, prende posto della oggettità della Fenomenologia dello Spirito difronte alla coscienza, dove si andrebbe a porre? Questo Oggettivo Noetico o Plesso Logico, dove si istituisce rispetto alla Soggettività, che senza residuo alcuno coincide in una sorta di perfetta auto-trasparenza mediante l’oggetto con Se stessa? Tutta quella dimensione ideale del pensiero altro dal sapere Assoluto, dove si colloca? Hegel deve scrivere una Scienza della Logica. Ma ci s’interroga: è mai possibile che nei vari capitoli della Fenomenologia (Coscienza-Autocoscienza-Ragione-Spirito), Hegel non pensi alla perfetta coincidenza di una soggettività con un oggetto che non sia determinato dato-sensibile, immediato od oggetto inter-individuale o culturale, ma propriamente logico-ontologico? La risposta sembra positiva. Difatti Hegel nella Ragione Osservativa (primo momento dedicato alla Ragione, in quanto fuoriuscita della coscienza da un piano individuale ed intraindividuale, ad un piano più generalmente storico) apre con la Ragione Osservativa ed in seconda battuta colloca la dimensione dell’autocoscienza pura nella sua conformazione di identità di universale e particolare (ereditata dalla coscienza infelice con tutte le scissioni e contraddizioni di tale figura), in riferimento al rapporto dell’effettività del mondo naturale. Qui Hegel fa riferimento alle leggi logiche e alle leggi psicologiche, cioè ai principi logici e a quelli psicologici della coscienza in relazione all’oggetto determinato della Natura, dal punto di vista della Ragione Osservativa (ossia non si è più al livello della coscienza singola dinanzi ad un oggetto, quella era la dimensione naturalistica della coscienza rispetto alla coscienza della certezza sensibile e della percezione piuttosto che della forza ed intelletto). Ovvero si è in una modalità in cui la coscienza era tanto immediata, singolare ed individuale quanto l’oggetto che ha dinanzi. Ed il suo sapere è valutato in prima battuta (seppure nella certezza sensibile, nella percezione) in un sapere non di sé, ma dell’altro da sé, ossia nell’oggetto che in quanto realtà ontologica esprime la verità, ed il soggetto della certezza sensibile e della percezione si troverà in tal guisa solo nell’intelletto. Qui si è sul piano storico-naturale-antropologico, quindi occorre andarsi a vedere quel passaggio di quella disamina che fa Hegel dopo l’osservazione della Natura, l’osservazione dell’autocoscienza nella sua purezza e nel suo rapporto con l’effettualità esterna: leggi logiche e psicologiche e, come terzo momento, osservazione del rapporto dell’autocoscienza con la sua effettualità immediata fisiognomica e frenologia. Quindi vi è questa dimensione logica, ma è una logica che Hegel trova immediatamente presso un’autocoscienza, che è ancora parzialmente unità di universale e particolare. Ha l’universale consaputo ormai dentro di sé, ma non lo governa e né lo produce, quindi non potrebbe (neppure a stretto rigore) produrre una nuova logica, o nuova spiritualità, poiché ancora costretta a pensarsi in una dimensione (raggiunta dopo l’esito della coscienza infelice, seppure problematica unità di universale e particolare), ma di volta in volta quest’universalità e particolarità sono assoggettati a principi esteriori trascendenti e costrittivi. Quindi, l’autocoscenza della ragione è ancora fortemente dominata da disegni e dimensioni che essa stessa non controlla e non produce. In una fase ancora intellettualistica che produrrà ancora scissioni e contrapposizioni, sempre in relazione ad una dimensione di trasformazione del processo intellettuale, che porterà a produrre di nuovo contraddizioni, scissioni, curvature, alterazioni e principi non veri. Un’altra dimensione dove Hegel parla della cultura, è lo spirito che si è estraniato da sé. Dopo lo spirito vero e l’eticità, e quindi dopo l’ultima tappa della Ragione, l’Individuale che è Reale in sé e per sé, questo processo determina la fuoriuscita dal regno animale al regno spirituale; così dalla Ragione legislatrice si passa alla Ragione esaminatrice delle leggi, raggiungendo lo Spirito come mondo etico: legge umana, legge divina, uomo-donna, lo spirito vero e l’eticità in quanto azione etica, il sapere umano e divino, la colpa ed il destino e lo stato di diritto, passando dall’ eticità alla cultura ai momenti della fede ed intellezione, fino ad arrivare all’illuminismo, libertà assoluta ed il terrore. Nel terzo momento più alto abbiamo lo spirito, che è certo di sé, la Moralità, la concezione morale del mondo, la coscienziosità, l’anima bella, il male e il perdono. A quel punto entreremo nella religione e quindi nello spirito assoluto.

[1] Marx nei Quaderni preparatori alla Tesi di Laurea del 1841, rivendica la problematicità e l’aporeticità dello strumento filosofico come connaturato e destinato all’impossibilità della riunificazione del dominio spirituale e di quello naturale (Pensare ed Essere), poiché nella polemica dei giovani Hegeliani, con riferimento alle astrazioni e ai colpi metafisici di Hegel, Marx osserva che la stessa Filosofia, in particolare in Hegel, per quanto si sia sforzata ed affannata con Hegel ad unificare sotto una sorta di binario bi-univoco che nella sua Unicità racchiudesse il Due, e cioè il Pensare e l’Essere e che nonostante rendesse coprotagonisti il Materiale e lo Spirituale, in quanto movimento stesso dello Spirito, per natura della stessa filosofia che viaggia su una dimensione esclusivamente noetica e quindi essenzialista e riferita alla teoria del Pensare, e nonostante la stessa filosofia mostri un coprotagonismo tra Pensare ed Essere (Natura e Spirito), questa è comunque sbilanciata sulla polarità della noeticità. Quindi è qui che Marx comincia a chiedersi se aldilà della polemica nei confronti del Sistema Hegeliano, e cioè del deficit del concetto di soggetto e di soggettività ancorato a sistemi astratti spiccatamente speculativo-teoretici, capaci di produrre un minus di valenza in riferimento al concetto stesso di soggettività, e quindi un deficit di trasformazione, azione-pratica che la stessa soggettività deve poter attuare, se eventualmente fosse stato come insolubile, considerare, nella Filosofia, il problema radicale di una scissione tra Filosofia-Mondo e Filosofie-Universalistiche. Ed all’interno di queste, fosse di nuovo inutile riconsiderare la scissione tra soggettivo e oggettivo e quindi tra materiale e spirituale. Questa condizione eristica delle polarità logico-ontologico-gnoseologiche è l’Humus stesso del medesimo sistema di Hegel. Il problema non si porrebbe, poiché esso è la stessa Negazione della Negazione. Cionondimeno, da questo fraintendimento del giovane Marx, si giungerà a quella trasgressione assoluta di Hegel, che non consiste tanto nel rovesciamento dei principi da spirituali a pratiche materiali, di modo che tutto ruoterà attorno ad una concezione e visione del principio materiale, proprio per aver concepito che la filosofia stessa doveva essere superata in una sfera di bisogni, di studio, di riflessioni altre e questa sfera è l’economico rispetto al filosofico.

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